Paura del buio? In piena notte si sveglia e attraversa l’appartamento. Non c’è luce, bisogna sbrigarsi: “Ho paura di vedere degli occhi brillare nel buio o delle ombre sul muro. Mi sforzo di non pensarci ma ho paura.” Christian ha 53 anni. Nell’infanzia poteva chiedere aiuto e veniva rassicurato. Oggi non ne parla più con nessuno ma l’ansia è rimasta e a questa si è aggiunta la vergogna. Contrariamente alla paura che ci avvisa di un pericolo reale le fobie si sviluppano senza una ragione apparente e provocano l’incomprensione in chi sta attorno.
Chi ha paura del buio rimane paralizzato dall’ansia fino all’alba e sente di non avere altre vie di uscita se non moltiplicare le strategie per evitare tutte le situazioni ansiogene: lasciare tutte le luci accese, controllare dieci volte sotto il letto o negli armadi o dietro le porte, rifiutarsi di uscire da soli la sera. L’evitamento però non fa che rafforzare la paura, i rituali ai quali si ricorre finiscono per diventare delle ossessioni che impediscono di vivere normalmente.
L’assenza di punti di riferimento
Ma cosa teme chi ha paura del buio? Di un aggressore all’angolo della via, di un mostro dietro la tenda? L’essenza della paura del buio è temere di essere colti di sorpresa, di ritrovarsi indifesi difronte a un pericolo improvviso e perdere il controllo. E se i mostri esistessero veramente? E se l’irrazionale facesse irruzione nel reale sconvolgendone le regole e le leggi? È questa perdita di controllo che suscita l’ansia. Chi ha paura del buio anticipa il pericolo credendo di poterlo rifuggire. Sono estremamente vigili perché il buio li priva di tutti i punti di riferimento. Si ritrovano faccia a faccia con sè stessi e i conflitti interni prendono allora il sopravvento. I mostri e gli aggressori simbolizzano i demoni interiori.
Un grande vuoto interiore
Per il bambino la notte rappresenta una rottura nella relazione con la madre e per ritrovarla utilizza le sue risorse psichiche: pensa a lei e anche se non la vede sa che è sempre li e così può addormentarsi tranquillo. Ma quando il legame madre figlio è troppo distante o troppo fusionale le separazioni notturne diventano fonte di ansia profonda. Una madre fragile non può comunicare a suo figlio la sicurezza interiore sufficente per permettergli di affrontare la notte e la solitudine. Nella mente di questo bambino quando tutto scompare dal suo campo visivo tutto muore. L’angoscia della morte, separazione ultima, è il cuore della paura del buio.
In alcune persone il terrore notturno dell’infanzia non è mai stato realmente superato. Non avendo ricevuto gli strumenti necessari l’adulto non sa come placare la sua ansia, non è divenuto una persona rassicurante per sè stesso. In altri casi il terrore notturno viene bruscamente riattivato da un trauma della vita: una separazione, un lutto, un perdita etc.
Cosa fare?
Approcciate il buio progressivamente. Rimanete per qualche minuto in penombra. Respirate profondamente e constatate che non vi sta accadendo nulla. Ripetete l’esercizio aumentando gradualmente la durata e l’intensità del buio. Ogni volta siate consapevoli che lo state facendo per uno scopo terapeutico.
Non vergognatevi di utilizzare una luce notturna. Leggete un buon romanzo, pensate ai vostri progetti per le vacanze: nutrirsi di immagini positive impedisce di dare forza al panico.
Ma se l’ansia perdura consultate uno psicoterapeuta perchè occorre comprendere le cause profonde personali. Insieme a lui vi interrogherete su come funzionava il momento dell’andare a letto da bambini. Su una o piu notti particolarmente spaventanti. Ricostruire il filo delle paure consente di disinnescarle.
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