Una persona, uomo o donna, che dipende affettivamente dall’altro è profondamente convinta di poter esistere solo attraverso lo sguardo, l’amore e l’approvazione degli altri. È afflitta dalla convinzione di esser una persona priva di sostanza e vive quotidianamente nell’angoscia di essere considerata dagli altri come priva di un valore intrinseco. Questo pensiero negativo su se stessa influenza profondamente le relazioni con gli altri. Esteriormente appaiono estremamente gentili e pronte a tutto per soddisfare gli altri. Non esitano a dimenticarsi di se stesse e a sacrificare i propri bisogni per rispondere a quelli degli altri. Nonostante questo atteggiamento sia motivato da un desiderio reale, nonsempre si tratta di un reale dono di sè. Dietro queste azioni abneganti verso gli altri c’e spesso una strategia inconsapevole: le persone dipendenti affettivamente si dicono che i loro sforzi, i loro sacrifici e la loro stessa sottomissione porteranno loro l’affetto e la valorizzazione dei quali hanno bisogno e dai quali sono dipendenti.
Le persone dipendenti vogliono piacere a tutti i costi per ottenere lo sguardo di approvazione che credono mancargli. Si trasformano in veri camaleonti convinti che diventando ciò che si immaginano che gli altri si aspettano da loro saranno finalmente amate. Cercando di essere ciò che non sono senza rendersene conto si perdono lungo la strada e non riusciranno mai ad essere se stesse.
Una situazione speso indotta da un passato di carenze affettive
Nella storia delle persone affettivamente dipendenti si trovano spesso delle grandi carenze emotive legate, per esempio, a l’assenza di uno sguardo genitoriale benvolente o sufficentemente nutrente perchè il bambino si senta amato in modo incondizionato. La mancanza di uno sguardo valorizzante induce nel bambimo un sentimento di incompiutezza che tenterà di compensare per tutta la vita.
Può trattarsi anche di casi nei quali il bambino si e sentito abbandonato da un genitore (realmente o simbolicamente) proprio in un momento del suo sviluppo emozionale nel quale aveva particolarmente bisogno di sentirsi riconosciuto come individuo. La dipendenza può provenire anche dall’abitudine di un genitore di far passare a suo figlio il messaggio che senza di lui il bambino non è nulla e che deve quindi dipendere da lui per soddisfare tutti i suoi bisogni.
Convinto di non poter riempire l’enorme vuoto che sente in se stesso il bambino, poi l’adolescente e più tardi l’adulto, inizia a credere che solamente l’altro sarà capace di riempirlo affettivamente, consentendogli così di diventare un individuo completo. E qui c’è l’errore perchè nessuno potrà mai riempire questo vuoto emotivo del passato. Il dipendente affettivo però ci crede e si ingaggia in una battaglia persa in partenza. Questa convinzione la porterà incosciamente a ricercare un compagno o una compagna che potrà compensare queste carenze.
Un bisogno di attenzione tossico per la coppia
Il dipendente affettivo senza rendersene conto mette sulla coppia una gigantesca pressione. Esteriormente fanno di tutto per rispondere ai minimi bisogni del compagno/a, ma in cambio si aspettano che questa persona li faccia esitere attraverso lo sguardo, gli apprezzamenti e una costante attenzione a loro. Il dipendente affettivo non è consapevole di aspettarsi qualcosa in cambio del suo investimento apparentemente abnegante. Questa potente richiesta non viene mai espressa o percepita come tale ma essa fa pendere sulla relazione un peso considerevole mascherato sotto l’apparenza di un buon legame amoroso.
In un modo deviato, il dipendente affettivo tenta di prendere il controllo della relazione per ottenere ciò di cui ha bisogno. Guai per il compagno/a se non si dimostra l’altezza delle attese. Il dipendente affettivo se non si sente sufficentemente amato diventa furioso e frustrato. Accuserà il proprio compagno/a di ingratitudine. Si convincerà che tutto l’amore che offre non viene riconosciuto.
Il dipendente affettivo “consuma” l’altro e la relazione di coppia per poter esistere e compensare le carenze affetive del passato.
Una spirale nevrotica inconsapevole
Il dipendente affettivo rischia di ottenere il risultato opposto a quello cercato. A causa della pressione che genera sulla coppia genera ciò che teme maggiormente, l’abbandono. Più consuma il proprio compagno/a pensando che quest’ultimo riempierà il suo senso di vuoto più il compagno si stancherà difronte a questa mole continua di richieste mai soddisfacibili. Sopraffatto dall’entità delle domande avrà quindi la tentazione di tirarsi indietro. E più il compagno/a si tira indietro più il dipendente affettivo va in panico, temendo l’abbandono intensificherà la sua domanda d’affetto. Questo atteggiamento è contro produttivo. Più il dipendente affettivo cerca di mantenere il compagno/a vicino a sè ( talvolta anche attraverso la minaccia o il tentativo di suicidio) più crea le condizioni per l’abbandono.
Se viene effettivamente lasciato il dipendete affettivo vede confermate le sue convinzioni sul fatto di essere privo di valore e interesse. Si mette abbastanza presto in cerca di un’altra persona che possa pacificare il suo doloroso sentimento interno innescando così una spirale nevrotica.
In alcuni casi anche il compagno/a del dipendente affettivo non adotta una posizione molto chiara: da questo tipo di relazione può ricavarne dei benefici secondari. Essere amato desiderato adulato da una persona che soddisfa tutti i bisogni e desideri può essere narcisisticamente valorizzante e consentire di riempire le proprie carenze affettive ed emotive. Questo può essere un danno potenziale per la persona dipendente perchè se il compagno/a ha bisogno di questa dipendenza non farà nulla per uscire da questa dinamica ma anzi inconsciamente farà di tutto per rendere questa persona ancora più dipendente.
Riconnettersi a se stessi per scoprire il propio valore
Tutti i comportamenti della persona dipendente riposano sulla convinzione della propria mancanza di valore. Abbandonare da soli una credenza così profondamente impiantata è difficile. Per questo è spesso necessario ricorrere all’aiuto di uno psicoterapeuta.
Nel corso della terapia il dipendente affettivo viene accompagnato verso la comprensione dei propri schemi di comportamento e la scoperta e il cambiamento delle fondamenta dell’errata credenza sul proprio disvalore. La terapia aiuterà a smettere di ricercare all’esterno, nelle relazioni con gli altri, delle risposte che non arriveranno mai invitando invece a rivolgersi verso le risorse personali fino ad allora misconosciute.
Il dipendente affettivo imparerà a riconnettersi con sè, con i propri desideri, bisogni ed emozioni riscoprendo così il proprio valore.
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