L’abbandono è tra le cause più frequenti del mal di vivere. All’origine di questa sofferenza c’è spesso una situazione non ben vissuta durante l’infanzia e che non per forza è da ricercarsi in un abbandono reale. Potrebbe essere un padre assente, una madre sopraffatta, una coppia simbiotica, l’arrivo di un fratellino o la morte di un nonno al quale si era particolarmente attaccati.
Questi avvenimenti, senza conseguenze importanti per alcuni possono essere traumatizzanti per altri perché non siamo tutti uguali davanti al dolore. Tutti noi abbiamo sperimentato la separazione. Ci siamo accorti presto che mamma e papà non erano sempre a nostra disposizione pronti a rispondere ai nostri desideri. Ma non tutti abbiamo vissuto questa solitudine nello stesso modo. In alcun casi chi ci stava accanto si è accorto e fatto carico di attenuare le nostre pene, mentre in altri non è stato dato valore alle nostre angosce per ragioni educative, morali, per mancanza di tempo o di una giusta comprensione. Non ci sono colpe da imputare, semplicemente non ci è stato insegnato a separarci in modo sicuro e sereno. Molto probabilmente perché chi ci accudiva a sua volta viveva male la separazione.
Una paura: essere rifiutati di nuovo
Cerchiamo di dimenticare questi episodi traumatizzanti minimizzandoli o normalizzandoli. Cosa c’è di più normale di un nuovo fratellino? E di più formidabile di genitori che ci adorano? La tristezza e la collera provati sono tutto di un colpo gettati nell’oblio. Ma a partire dal momento in cui dimentichiamo non c’è più logica a sostenere le emozioni e quindi non resta che negare il nostro diritto di provarle. Ma anche se soffocate le emozioni sono sempre presenti. In superficie il ragionamento, la nostra educazione ci portano a pensare che tutto ciò non è che passato e che dobbiamo quindi dimenticare, ma al nostro interno tutto ciò ribolle.
La nostra logica implacabile conclude che dal momento che abbiamo potuto essere abbandonati non siamo degni di essere amati. Questo pensiero andrà a sottendere tutte le relazioni sociali e sentimentali. Si inizia così a oscillare tra l’iper-socialità e l’iper-aggressività, a seconda che si senta il bisogno viscerale di essere amati o che si desideri provocare il rifiuto dell’altro seguendo la convinzione che in futuro saremo inevitabilmente destinati ad essere abbandonati. Un circolo vizioso che ci conduce a delle condotte paradossali come moltiplicare i nostri sforzi per essere stimati in tutte le nostre imprese sacrificando però la vita privata o come opporsi senza sosta ai propri genitori ma sognare che di sentirsi amati da loro o come fare di tutto per non disturbare, urtare, contrariare la propria famiglia dimenticandosi di se stessi. Il fulcro di tutti questi dolori è uno solo: la paura di essere rifiutati e abbandonati di nuovo.
L’incapacità di vivere in coppia
C’è un ambito nelle quale la ferita diventa ancora più sensibile: l’amore. La coppia è spesso il luogo dove regoliamo i nostri conti con l’infanzia proiettando sull’altro le angosce del passato come sognare una lunga relazione sentimentale sfuggendo però al coinvolgimento certi di non essere all’altezza o come non sopportare le qualità attribuitici dai nostri compagni e tentare di dimostrargli che siamo le peggiori persone possibili da amare. Questa sofferenza ha due versanti, da una parte, la sensazione di non essere ciò che i partner si attendono dall’altra la certezza che la rottura è inevitabile. E quest’ultima quando si produce appare come una nuova prova che non siamo amabili.
Cosa farne di un bagaglio così pesante da portare? Quando la paura di essere abbandonati crea disagi interiori personali e di coppia invalidanti può essere utile rivolgersi ad un terapeuta che può aiutare a comprendere e modificare i meccanismi messi in opera dalla nostra psiche. Puoi rivolgerti a Dr.ssa Laura Peveri, Psicologa Milano
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