Le prime rappresentazioni degli psichiatri confondono la loro immagine con quella di ciarlatani o sinistri figuri come il dottor Mabuse (1922). Con la diffusione della psicoanalisi la situazione cambia, i registi iniziano a sfruttare la figura del terapeuta come strumento per informare lo spettatore. Ma lo psichiatra rimane sostanzialmente senza volto. A questo periodo risale la nascita dello stereotipo ispirato alla figura di Freud e ancora molto utilizzato, dell’analista con barbetta, occhiali e pipa. Secondo una ricerca i film in cui compaiono i professionisti della salute mentale sono in buona misura umoristici (27,9%), categoria che lascia molto indietro thriller (9,9%), gialli (2,4%) e horror (5%) ed è superata soltanto dai film drammatici (33,7%). A partire dalla metà degli anni trenta si assiste a una diverga abbastanza netta tra due tipologie di psichiatra: quello buono e quello cattivo peraltro nettamente dominate se si guarda la storia del cinema nel suo complesso. Una rappresentazione benevola della psichiatria si incontra solo fra la fine degli anni cinquanta e i primi anni sessanta quando alle prese con un cospicuo numero di reduci dalla guerra di Corea affetti da disturbo post-traumatico da stress, negli Stati Uniti ci si accorse che la psicoterapia era l’unico strumento possibile per dare un sostegno.
Sensibili ed efficaci gli psichiatri buoni sono sempre di scuola psicoanalitica, parlano un po’ come un oracolo e il loro modo di procedere somiglia invariabilmente più a quello di un detective che a quello di uno psicologo. Lo stereotipo negativo dipinge invece lo specialista come un incompetente, un avido arrivista o l’espressione repressiva e punitiva del tentativo di normalizzazione della società. Sempre disposto, per raggiungere i propri fini, a utilizzare qualsiasi mezzo, dalla lobotomia all’elettroshock, fino ai farmaci somministrati a dosaggi da rendere un vegetale la sua vittima.
Parallelamente a quanto è successo con la rappresentazione della follia negli ultimi 15 anni lo stereotipo negativo delle psichiatra è stato stemperato e un caso limite è Il silenzio degli innocenti dove l’intelligentissimo e sanguinario Hannibal Lecter ha da contraltare l’inetto e arrogante direttore del manicomio criminale in cui è detenuto.
Quanto alla quasi totale assenza delle terapie farmacologiche dalle rappresentazioni cinematografiche si osserva che prima degli anni cinquanta non c’erano terapie mediche, per cui tutto il cinema era profondamente impregnato da un modello psicoanalitico. Senza contare che il discorso farmacologico è piuttosto tecnico e che per molto tempo si è diffidato diffusamente dei farmaci, oggetti misteriosi che uno prende e che gli cambiamo gli stati d’animo.