Vista da vicino la dipendenza da cocaina fa ancora più paura. Uno studio rivela con una precisione mai osservata prima i cambiamenti sia a breve che a lungo termine, provocati nel cervello dall’assunzione della “polvere bianca”. Il livello di dettaglio è arrivato a mostrare come l’uso della cocaina è in grado di attivare delle molecole proteiche, veri e propri interruttori molecolari, che regolano l’espressione di alcuni geni coinvolti direttamente nella risposta del cervello allo stupefacente. Per lo studio sono stati usati dei topi, sottoposti a due differenti modalità di somministrazione di cocaina. La prima prevedeva dosi massicce in un breve intervallo di tempo. La seconda una dose meno pesante ma per un tempo prolungato. Nel primo caso si attivava l’interruttore molecolare che dava via libera all’attività di un gene, denominato cFos che sovraintende all’espressione di altri geni implicati soprattutto nell’attività del cervello e che in condizioni normali è poco attivo. Nel secondo caso invece con la somministrazione prolungata si attivano gli interruttori molecolari che promuovono l’espressione di due geni denominati con le sigle BDNF e Cdk5. Proprio quest’ultimo ha attirato l’attenzione di due scienziati americani perché è un gene di fondamentale importanza per il modellamento dei circuiti neuronali dello striato, una regione del cervello a cui, in parte, è legata la sensazione di gratificazione. Lo studio ha mostrato come la sua attività continui anche molto tempo dopo la fine della somministrazione di cocaina.
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